20 giugno 2007

Chiesa di Dante: il fenomeno dei bigliettini

C’era una volta
Una coppia di innamorati volteggia per Firenze, ebbra di amore. Sguardi che si cercano, mani che si intrecciano, corpi che si sfiorano.
Nei toni caldi di un tramonto sull’Arno, le labbra si rincorrono. Un bacio, due…
Le mani stringono un lucchetto da agganciare e due chiavi da buttare: per sempre.

firenze

Ma un cartello, sorvegliato da due vigili, li ferma.

L’amore, intimo sentire di due cuori uno, che batte a doppia velocità, sboccia incurante del mondo attorno; ma una volta sbocciato, apre i suoi petali al vento.
Si ha voglia di gridare, per gli altri e per se stessi. Un gesto che dia il segno che non si sta sognando; un gesto cementizio, perché quella gioia non scappi via.

Sui lucchetti solitamente si scrivono i nomi e la data, per sempre, ti amo, amore

Così immagino il primo bigliettino lasciato sulla tomba di Beatrice, come luogo dove il terreno si eleva a sacro e l’amore si fa poesia e spiritualità.



Un modo alternativo di dichiararsi amore.

Così voglio immaginare che sia cominciata: come una favola…

"Tu che con la tua bellezza hai illuminato il cuore di Dante, illumina di amore anche noi"


In realtà nessuno sa (o vuole) dire come e quando.

Che sia stato per amore, per gioco, per interesse, per emulazione di ciò che accade già da tempo a Verona, per Giulietta; poco importa.

Il punto è che una volta iniziato, non si è più arrestato.

I primi bigliettini sono datati dicembre 2006.

Il parroco, Padre Roberto Tassi, quasi non ci fece caso.
La Chiesa è aperta tutto il giorno e capita di trovarci di tutto, mi dice.

Come pani e pesci, li vide moltiplicarsi di giorno in giorno.



Ne hanno parlato, brevemente, i media, in aprile. Locali, e anche cenni nei telegiornali nazionali. Ma dubito questo abbia realmente influito.

Sono rimasta ad osservare. Seduta tra i banchi della Chiesa. In giorni e orari diversi. La gente, di ogni età, classe sociale, cultura, nazione, si avvicina al mucchietto di foglietti, incuriosita.

Quasi mai qualcuno entra sapendo cosa troverà.

Persino i gruppi, accompagnati dalle guide, non ne sanno nulla; finché qualche indisciplinato si distrae dalla spiegazione e si china a curiosare. Ne prende qualcuno, lo legge e subito parte la caccia a carta e penna.

Mentre ero lì, specie il secondo giorno, con taccuino in vista, in molti mi hanno chiesto spiegazioni e, anche le volte che non conoscevo la loro lingua o sceglievo di non dare spiegazioni per osservare cosa avrebbero fatto, comunque tutti coloro che non lo avevano mi hanno poi chiesto … un foglietto!

Non so cosa abbia scritto il giapponese.



Non so cosa, il polacco. Non so cosa abbiano capito, leggendo i foglietti degli altri, i russi e gli altri non italofoni.



Fatto sta che il 40% di coloro che entrano nella Chiesa, lascia un biglietto.
Spesso non ne lasciano quando sono in gruppo, perché il gruppo ha fretta, la guida incalza; un altro gruppo è alla porta che aspetta il suo turno.
(Per chi non la conoscesse, la Chiesa è molto piccola.)



Dicevo che mi hanno chiesto un foglio, ma quando non c’è una giornalista in provetta che se ne va in giro col taccuino, che si fa? Non ci si arrende di certo.

Allora ecco che qualsiasi pezzetto di carta va bene.

Scontrini fiscali:



biglietti dell’autobus, del treno:



del museo:



fogli strappati all’agenda:



cartoline, comprate per spedirle ma molto prima utilizzate, qui



Carta riciclata di ogni natura e provenienza: il sacchetto di carta del panino:



un lembo della cartina:



un pezzetto strappato dalla prenotazione dell’hotel; biglietti da visita di negozi;
fazzoletti di carta:




tovaglioli da bar, veramente di tutto!





Gruppi di amici che si dividono un foglio: roba da farci un puzzle.
E se non c’è una penna? Il rossetto o la matita per occhi vanno benissimo.

Ma cosa ci scrivono? Ho iniziato con una favola d’amore. E la maggior parte sono bigliettini d’amore: in cui l’amore viene invocato, dichiarato, annunciato, rimpianto, celebrato, festeggiato, augurato.



"Para que encuentro el amor rapido"




In forma di preghiera rivolta a Beatrice come ad una Santa:

"Santa Beatrice aiutami a capire se io e x siamo fatti per stare insieme (…)"


richieste di protezione;



di aiuto; di consiglio, di benevola intercessione verso l’amato/a:

"Beatrice, ti prego, fai che X venga da me."


Oppure direttamente rivolti all’amato/a.

"Ti amo amore mio, per sempre e spero di sposarti presto perché so che sei tu la mia metà perfetta per me. Ti amo I."


Non è semplice classificarli.
Non c’è solo l’amore per un uomo o una donna, l’amore di una coppia, l’amore corrisposto o negato.

Ci sono messaggi per i familiari:

"Proteggi la mia famiglia"


di un bimbo per il suo papà:

"Sono L. e vorrei che tutte le giornate del mio babbo andassero bene. Ciao"


Di una nipote per la nonna anziana; di una mamma per la figlia; di gruppi di amici/amiche:

"Che la nostra amicizia sia sempre più forte di qualsiasi amore e che quello giusto arrivi per tutte"


E’ anche una specie di pozzo dei desideri: dove un bimbo spera di diventare calciatore



Una tredicenne, di essere promossa, per poter trascorrere un’estate serena.
Una coppia, si augura di trovare casa.

E chissa quanti altri.
Il parroco li conserva in degli scatoloni, che tiene in casa. Ne ha a migliaia.

Da un mesetto il numero giornaliero è diminuito; ha avuto il suo picco nel periodo delle gite scolastiche: marzo-aprile.

Se è vero che la maggior parte sono scritti da teen-agers o poco più che tali, va comunque menzionato che a scriverli sono uomini e donne di tutte le età.

Fidanzati, sigle, sposati, vedovi, amici.



La grafia, il linguaggio, la sintassi e anche la grammatica ne sono testimonianza. Ci sono molte k. E ci sono anche poeti in erba.

C’è chi scherza e chi si dispera. Chi soffre e chi è al settimo cielo. Chi è solo e chi ringrazia per il dono ricevuto. Chi implora, chi spera. Chi è stato deluso ma ci spera:

"Fai che questa sia la volta buona".


Non tutti, dicevo, sono rivolti a Beatrice. Per molti è la Chiesetta il fulcro, il luogo sacro assurto a tempio dell’amore e della speranza.



"Ciao amore lascio qui il nostro bigliettino così la nostra storia durerà per sempre (…)"


La cesta con cui il parroco, da una decina di giorni, ha deciso di fare ordine, forse ne limita la visibilità e quindi l’emulazione di chi arriva qui per caso, entra distratto e nota i biglietti.



"Per caso siamo arrivati da te. Speriamo che il nostro amore sia onorato come il vostro. Con affetto da due innamorati"




Non chiedetevi come e perchè. Non chiedetevene il senso.

Terenzio scriveva:
"l'amore, come tutte le cose che non conoscono nè logica nè misura, non può essere affrontato con la ragione e il buon senso."


E allora, che sia una favola e, come ogni favola che si rispetti, che abbia un lieto fine, e se non c'è, c'è chi se lo augura:

"A tutti gli innamorati: l’amore sia sempre con voi e che un giorno anche io possa incontrarlo"

07 giugno 2007

Mercato di Sant'Ambrogio

Sono le 8:00 del mattino quando, ricostruendo a ritroso il percorso di sacchetti della spesa insoliti: per luogo, orario e assenza di marchio; mi ritrovo nel mercato rionale forse più antico di Firenze: Sant’Ambrogio.
Nel quartiere di Santa Croce.

Mercato

Il mercato è aperto tutti i giorni, tranne la domenica, dalle 7:00 alle 14:00.

Scelgo che sia Claudia a introdurmi nella vita del mercato.

Claudia

A cominciare dalla sua, introduzione: suo marito e suo cognato sono proprietari di un banco fisso, da 15 anni: una licenza che si tramanda da generazione in generazione.
Così lei e Roberta, sua cognata, un anno e mezzo fa, hanno deciso di avviarne un secondo.

Claudia e Roberta

Il banco del marito è proprio di fronte, ma mi spiegano che ci sono banchi con piazzola assegnata e banchi “a sorteggio”.
Il discorso è complicato ed anche lungo da spiegare in questa sede.

Lo descrivo parzialmente e per sommi capi: in pratica la mattina, chi ha il posto fisso deve timbrare un cartellino entro le 8:00 ed aprire il banco. Intanto gli ambulanti girano per i mercati e si segnano in lista di attesa.

C’è una cooperativa che si occupa di monitorare le attività delle piazze.

Se, dopo le 8:00, manca qualcuno, il suo posto può essere occupato da un ambulante, per quel giorno.

Claudia e Roberta

Lascio le gentilissime e molto simpatiche ragazze a lavorare; gli ho rubato un bel pò di tempo ma è stato davvero istruttivo parlare con loro.

Continuando il giro tra tricolori di verdure, golose ciliegie e sorrisi di angurie porporine, la mia attenzione viene richiamata dalla voce di una signora che dà alla cliente consigli di cucina.

Paola

Il vero valore aggiunto di fare la spesa nei mercati o nei piccoli negozi è il rapporto umano. Impagabile.

La qualità della merce, certo, ma soprattutto la relazione.
La qualità della relazione.

Resto ad ascoltare. La cosa che mi affascina di più è il clima di fiducia, che coinvolge anche i clienti occasionali.

Paola lavora qui da 5anni.

Paola

Il banco è di sua nipote: figlia di sua sorella, Clara.

Clara è al banco di fronte attorniata da cassette di succosa frutta.

Clara

Clara mi dice che in pratica lei c’è nata in questo mercato.

Titolare della licenza, anche di questo banco, è la figlia, insieme a suo genero. Il genero ora è in giro con il furgone a fare rifornimento di prodotti.

Clara

Paola intanto prepara le buste per gli ordini lasciati da singoli clienti e dai vicini ristoranti.

Paola

La piazza è un po’ defilata , nascosta alle strade più battute dai turisti e svantaggiata dall’essere in centro, per chi volesse raggiungerla con la macchina, per problemi di viabilità e parcheggio (in verità ce n’è uno sotterraneo, ma, mi dicono sia poco usato).

Ciò nonostante, noto che il flusso di avventori del mercato aumenta a vista d’occhio. Tanto che Paola va in soccorso della sorella.

Clara e Paola

Più che la quantità dei clienti però, noto la varietà.
Incravattati clienti ed eleganti signore, fanno la spesa prima di entrare in ufficio. Alcuni giusto un frutto, per la pausa. Altri chiedono che gli si metta da parte della roba che ritireranno dopo il lavoro, quando andranno a prendere i figli a scuola.

Ci sono anche turisti, capitati più spesso per caso che non indirizzati.

Ragazzi, con le loro enormi cartellette porta disegni: studenti della vicina facoltà di architettura.

Qualche anziana signora col suo carrellino.
Mamme, con pancione o figlioli nel passeggino. Pensionati in bicicletta col giornale sotto braccio.
Suore in saio nero, alla stessa bancarella di accaldate signorine in shorts.
Personale domestico, che cammina con due liste della spesa: per la sua famiglia e “per la signora”.

Noto anche dall’altra parte dei banchi c’è assortimento, non tanto di origini quanto di età.

L’ambiente lavorativo è quello di un piccolo paese, dove è umano stringere rapporti ma anche litigare; collaborare ma anche competere; stringere amicizie, darsi del tu e scherzare ma anche non provare simpatie e non parlarsi affatto.

Il mercato di sant’Ambrogio, tra la parte all’aperto e quella al coperto, è un vero e proprio centro commerciale, con bar e tavola calda. Si trova di tutto: frutta e verdura; carne; pesce; prodotti caseari; salumi; pane ecc Ma non ci sono solo generi alimentari: prodotti per la casa; abbigliamento; scarpe, accessori, fiori …

mercato

Non so dove andare!
Ancora una volta è la relazione con il cliente a farmi avvicinare a Francesca.

La ascolto mentre sconsiglia un’aspirante cliente dall’acquisto perché le scarpe che ha scelto non piaceranno a sua figlia: sono più “a vecchia”.

Francesca

Non si persegue lo scopo della vendita a tutti i costi. Conta molto di più instaurare un rapporto di fiducia col cliente. Perché è umano? Si, certo. Ma non è un atteggiamento scevro di conseguenze economiche: il cliente tornerà.
Il mercato vive di clientela fissa.

Francesca è socia in affari di Gabriele, gentilissimo ma invisibilissimo!
Loro hanno questo banco fisso e girano anche in altri mercati: in Viale de Amicis, ma anche a Prato e a Quarrata.

Francesca

Questo per loro è il mercato dove si lavora di più, relativamente ai problemi dati dalle condizioni atmosferiche, e per flusso di clienti.
E’ per certi versi “noioso” ,dice Gabriele, per via dei furgoni, essendo in centro. Ma loro hanno il magazzino vicinissimo.
Le scarpe che vendono sono un misto tra locale e globale: produzione toscana e importazione estera.

Tra i banchi di abbigliamento scelgo quello più particolare e dove noto bermuda accanto a cappotti. Qui conosco Cristina.

Cristina

Mi spiega che puntano sul prezzo da stock più che sulla stagionalità.

Sono capi d’importazione, soprattutto americani, marche specializzate.

Cristina

Cristina mi racconta che lavora qui dal 1984!
Le chiedo di narrarmi il mercato. La sua storia, la sua evoluzione.
Mi da una risposta che è una perla: è la stessa dell’economia!

Ho riflettuto molto sulla nostra chiacchierata e su tutta la mia mattinata al mercato: frasi dette dalle persone che ho incontrato, osservazioni, immagini viste, atomi di pensieri ancora fuori fuoco

pensieri fuori fuoco

Il piccolo mercato rionale subisce, innesca, produce e vive le stesse dinamiche che a livello macro sono dell’economia globale.

Così domanda e offerta, prodotti e prezzi si modellano e plasmano mentre sono plasmati dalla società.

Mercato rionale, si: quale rione? Il centro. Il centro di una città. Il centro che non è più residenza di famiglie fiorentine. E forse neanche di famiglie. Le case del centro sono per lo più abitate da studenti; extra-comunitari; lavoratori fuori sede; turisti. E la città, esplosa, con le famiglie che popolano le cinture urbane.

E penso anche al tempo, alla maledetta fretta che abbiamo, tutti.
Noi, generazioni nate negli ipermercati, o presto abituatici a luoghi comodi, benché più freddi, asettici, meno genuini (forse), ma aperti fino a tardi.

E chi non è mai entrato al supermercato, a 5 minuti dalla chiusura, ormai slittata alle 21:00?

Aperti anche la domenica. Anche nei giorni festivi.
Per non dire che si può fare la spesa anche senza uscire di casa:in internet…

Chiudo qui il post, perché è già molto lungo.

Ma tanto ci sarebbe ancora da raccontare e continuo a riflettere su queste dinamiche e sul piccolo mercato rionale, e mi rimane il dubbio se non era meglio quando sapevamo che il pane lo vendeva Franco.

01 giugno 2007

Trippai fiorentini: il lampredotto

Qualche giorno e qualche grado centigrado fa, per sfuggire alla calura m’infilai in una viuzza del corso e, giunta ad uno slargo, mi si presentò questa immagine

via dei Cimatori

Restai a lungo ad osservare.
Cosa unisce, mi chiesi, l’uomo in giacca e cravatta al ragazzo coi pantaloncini; la signora finemente ingioiellata e la studentessa in jeans; il francese e i cinesini in luna di miele; il toscano doc e il milanese in vacanza?

Il lampredotto!

lampredotto

E lui è Maurizio, simpatico molisano che da sei anni si alterna con i fratelli, ai fornelli dello storico banchino di via dei Cimatori. Una storia lunga 107 anni!

Con lui lavora come commessa la giovane Alina.

alina

Maurizio apre alle 8:30 e chiude alle 20:00. Quando chiedo in che periodo dell’anno chiudono per ferie Maurizio ride: ferie?? Cosa sono le ferie? Il banco è chiuso solo il giorno di Natale! E per non smentirsi, lavora anche mentre parliamo

maurizio

Ma chi sono i suoi clienti? Non c’è classe, non c’è età. Maurizio fa solo la distinzione tra clientela fissa e turisti. Gli avventori fissi sono persone che lavorano o vivono in zona; poi ci sono gli affezionati, che arrivano da ogni parte; infine i turisti; speso spinti dalla curiosità, altre volte dal passaparola di conoscenti o dalle indicazioni delle guide turistiche. Maurizio mi fa presente che di loro ormai parlano anche in Giappone ci sono siti giapponesi dedicati al lampredotto!
E lui ha attrezzato il banco con cartelli in giapponese…

cartelli giapponesi

La cottura della trippa e del lampredotto avviene nel banchino stesso, con il brodo sul fuoco tutto il giorno. Quando salgo il caldo mi soffoca e Maurizio sottolinea questa difficoltà del lavoro, certo faticoso, ma che ama.

fornelli

Mi chiedo se con la bella stagione la domanda diminuisca, mi dice che non varia molto e comunque per i più accaldati esiste anche la trippa fredda. Molto richiesta. L’offerta è ampia: hot dog, porchetta, salumi toscani e altro ancora ma il prodotto più venduto resta sempre e comunque il lampredotto

I trippai a Firenze sono tantissimi, parlare di tutti sarebbe impossibile, specie in un post. Scelgo la logica geografica e limito al centro storico il mio reportage. Così mi ritrovo al secondo trippaio, tra l’altro secondo anche storicamente (le licenze sono così numerate): si trova nella Piazza del Porcellino.

piazza del mercato nuovo

Dentro il banchino, trovo Stefano, intento a farcire un panino.

Stefano prepara un panino

Giovane neolaureato, lavora qui come commesso da pochi mesi.
Gli piace questo lavoro perché è a contatto con la gente.
E si nota, dal modo gentile e premuroso in cui si rivolge ad un cliente già un po’ troppo brillo.

Parliamo tra un cliente e l'altro.

preparazione

L’ora del pranzo è già passata ma i clienti continuano ad arrivare. Stefano mi spiega che non c’è un orario preciso; a parte il pranzo, ci sono gli spuntini di metà mattina e le numerose merende del pomeriggio.

preparazione di un panino

Questo banco è meno stachanovista del primo: è aperto dalle 9:00 alle 19:00.
E’ chiuso la domenica e i sabati da metà maggio a ottobre.

I suoi clienti sono per lo più persone che lavorano in zona. Turisti pochi; e specifica che di solito sono italiani o giapponesi. Ma mentre dice così arriva un turista. Ordina il lampredotto e, un attimo prima di prendere in mano il panino, chiede, in un buffo idioma: “pèrcio chi esto lamprètoto?”

pronto!

Già, che cos’è? Non l’ho ancora detto! Stefano lo spiega, io ne ho una qualche idea ma tolgo le dita dalla tastiera di fronte a quest’ode:
“ Il lampredotto è una trippa fiorentina, morbida come spugna sanguigna, odorosa come erba ruminata, frastagliata come scandinavo fiordo, che taluni prediligono spellata dallo stesso trippaio, che esegue con piccoli gesti precisi, nervosi, sottilmente sadici.”
Da webgol di Antonio Sofi.

Stefano mi dice che capita spesso che clienti dal palato curioso, si avventurino senza avere la minima idea di cosa sia.

Una signora chiede una porzione di lampredotto in vaschetta, da portare via.

in vaschetta

Mi chiedo se sia l’alternativa femminile al panino di strada, ma un secondo dopo un fine tailleur con tanto di tacco 9, addenta vorace un panozzo grondante.

Un ragazzo, dall’accento veneto, addentando con gusto il suo panino bagnato e con salsa verde, mi sorride e dice: E' un cibo di strada che mette d’accordo tutti!

Tutti quelli che lo assaggiano, almeno …